Il Dr. Enrico Sbriglia, classe 1955, campano di origine, sposato con tre figli, dopo aver diretto in periodi di missione le carceri di Gorizia e Pordenone, dal settembre 1990 ha assunto la responsabilità della Casa circondariale di Trieste. Assessore comunale alla Sicurezza e Polizia Locale del Comune di Trieste http://www.retecivica.trieste.it è stato brillante relatore alla fine della conviviale del 27 gennaio 2010.
Lo Stato deve essere aiutato dai cittadini affinché si agevolino le azioni di prevenzione e contrasto delle forze dell’ordine e della magistratura nei confronti di ogni tipo di criminalità.
Sia ben chiaro che l’esercizio della forza, l’autorità a porre in essere azioni di polizia, non può e non potrà che essere sempre ed esclusivamente in “mano pubblica”, posto che i privati non possono arrogarsi tale potere che è tipicamente statuale in uno stato di diritto.
Però ciò non esclude che i cittadini, sia come singoli che come corpi sociali organizzati (ad esempio associazioni) possano contribuire al raggiungimento di un obiettivo che, seppure è perentorio ed esclusivo dello Stato, interessa evidentemente qualunque cittadino, di qualunque condizione, età, salute, sesso, religione, etc. etc.
La sicurezza partecipata non è altro che questo: cioè la consapevolezza che tutti con il proprio agire possono contribuire a FARE SICUREZZA…
Si contribuisce a fare sicurezza ogni qualvolta una persona (banalizzo per cercare di spiegarmi meglio…) preferisca transitare in una strada illuminata piuttosto che in una buia, si contribuisce a fare sicurezza segnalando tempestivamente dei rumori che si sentano nel proprio appartamento e riguardino quello del vicino a fianco o del piano di sopra, si contribuisce a fare sicurezza ogni qualvolta si informino le autorità di un abuso, di un bambino visto per strada quando invece avrebbe dovuto trovarsi a scuola…
Insomma gli esempi sono tanti.
Anche Voi, nell’organizzare questa serata dove si parla di sicurezza state contribuendo allo scopo…
Quindi, la partecipazione dei cittadini non significa che si auspichi la presenza di “singolari signori”, che si trasformino in altrettanti personaggi de “I giustizieri della notte”, i “Charles BRONSON” della situazione, bensì che una comunità civile e responsabile deve poter sapere contare su persone comuni, che però non accettano i soprusi, che li combattono, che si espongono in maniera ragionevole, perché convinti che non sia assolutamente scontato che le cose debbano andare così come ci appaiono, che sia chiaro che i cittadini siano tali proprio perché hanno diritti, ed è compito dello Stato e delle Istituzioni assicurarli questi diritti, e non mortificarli.
La circostanza che sia insieme direttore di un carcere e assessore comunale alla sicurezza e polizia locale; mi consente ancor di più di poter apprezzare l’aiuto che può pervenire dai cittadini, spingendomi a non rifiutarmi e partecipare a questo incontro, convinto che più che dare riceverò entusiasmo, e per me, per un servitore dello Stato che fa un lavoro che lo costringe “a dividere” gli uomini tra di loro, che lo pone, ogni giorno, per giorni interi, mesi ed anni, di fronte al “Male”, che non è solo quello che si vede, del delinquente che siamo portati ad immaginare, ma di una società che sembra “perdersi”, dove valori antichi, e rassicuranti, sono considerati “fuori moda”, incrostazioni ideologiche di uno stato “etico”, di una società che pare indifferente nel vedere ogni giorno, attraversare i cancelli delle carceri dei ragazzi e delle ragazze che assomigliano, sempre più maledettamente, ai miei ragazzi, ai miei figli, con la differenza che non hanno mai avuto un padre ed una madre veri, un genitore che ti accarezza e ti sgrida, che non ha paura di riprenderti, che cerca di inculcarti i valori dell’onestà, e consentitemi di dire dell’onore, che non rimane indifferente se sa che il proprio figliolo si fa “una canna”, che lo invita ad impegnarsi nella vita, ebbene, queste occasioni sono per me “salutari”, sono una sorta di beauty-farm dell’anima e dell’entusiasmo.
La mia è un’esperienza professionale nella SICUREZZA maturatasi, ormai in 28 anni, all’interno delle carceri, nella gestione delle persone detenute e nel governo degli stabilimenti penitenziari, ed in ossequio ai principi del trattamento penitenziario, così come risulta essere previsto dalla nostra Costituzione e dalle leggi e regolamenti.
Inoltre ho dovuto aggiungere l’esperienza di amministratore politico locale in un campo, sempre quello della sicurezza, che oggi vede il territorio e le municipalità essere soggetti ancor più responsabili.
Oggi si fa tanto parlare del tema della Sicurezza e lasciare fuori la sua proiezione ombrosa, quella del carcere, avrebbe il significato di fermarsi a guardare un solo lato della Luna, mostrerebbe il non avere una visione strategica della globalità di un problema dove il fuori alla carcerazione sta alla realtà interna, e viceversa in modo corrispondente.
Pertanto mi tocca, ancora una volta, ricordare che le carceri altro non sono che la proiezione, il percolato, il riflesso sul e del territorio, con le sue strade, i suoi palazzi, le sue piazze, la sua comunità, le sue paure e le sue azioni…, il carcere è un mondo parallelo, fatto di sbarre, di uomini colpevoli ed innocenti che guardano “fuori”, di operatori penitenziari che “portano pena” e che hanno, spesso, come dicevo all’inizio, l’ingrato compito di dividere gli uomini tra loro.
In verità oggi le carceri italiane, nella maggior parte dei casi, rappresentano anche qualcos’altro, sono infatti divenute “i crocicchi” del Mondo, “le Babele” imprigionate, “i mappamondi” di ferro, dove i meridiani ed i paralleli sono costituiti da grate e cancelli, dove in poche decine di metri quadrati di superficie si sentono tutte le lingue della Terra e non più le parlate ed i dialetti della sola nazione italiana.
Anche se a qualcuno potrà non piacere (ma sono convinto che non segga in questa sala autorevole, preoccupata e responsabile…), in Italia abbiamo un grande , grandissimo, bisogno di nuove, diffuse e moderne, nonché funzionali, carceri.
L’attuale Governo sembra avere riconosciuto tale priorità, nominando il Capo del Dipartimento quale “Commissario ad acta” al fine di promuovere una sorta di “Piano Marshall” per la realizzazione di nuove carceri, un commissario straordinario che concentri tutte le competenze amministrative, oggi polverizzate tra diversi soggetti pubblici i quali, con scarso risultato, parlano tra loro e che non risultano sostanzialmente in grado di risolvere i problemi: campioni nella produzione di sterili carteggi, piuttosto che di agire soluzioni concrete.
Oggi, per fare un carcere non sono sufficienti 15-20 anni, 4 lustri non bastano: è una vergogna, è da irresponsabili !!!
Nuove carceri, carceri attraverso il Project Financing, dove ancor prima di fare le celle, faccio il capannone industriale, le aule scolastiche e di formazione professionale, i magazzini per stivare le merci, etc. etc., dove chi si impegna a realizzarle ottiene, in cambio, la gestione delle mense aziendali, la conduzione degli impianti tecnologici, i servizi di lavanderia e pulizia, la gestione del bar e della caserma agenti, l’utilizzo dei parcheggi, etc. etc., per 30 e passa anni…
Le carceri non è detto che siano spese improduttive, possono essere anche opportunità di sviluppo e di ricchezza per il territorio: a Trieste stiamo cercando di lanciare l’idea di un distretto produttivo penitenziario, una cittadella della produzione e artigianato.
Al momento al Coroneo (Il nome che i Triestini danno, insieme a quello di “Canon”, al carcere cittadino…) abbiamo realizzato:
un laboratorio di falegnameria, uno di tappezzeria, uno di ceramica; tra febbraio e marzo inaugureremo il più grande laboratorio penitenziario di panetteria e pasticceria, tra pochi giorni inizierà anche un laboratorio dove si realizzeranno lavori artistici in cera…
Contiamo di commercializzare i prodotti.
Abbiamo bisogno di imprenditori coraggiosi, che sappiano cogliere le opportunità che noi potremmo offrire e ci aiutino, in questo modo, a fare sicurezza.
Vi ringrazio…