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 Non mi soffermerò sull’arte culinaria o sul valore nutrizione della carne del maiale ma citerò brevemente, con tono semiserio, cose meno note. Diverse culture: va subito detto che non è apprezzato né da vivo né da morto presso gli ebrei (la Bibbia è molto chiara in questo senso) né dai seguaci dell’Islam. In Cina è un piatto importante e basta ricordare il maiale in agro-dolce, piatto noto a tutti.E’ un animale che ha una brutta fama (di abitudini e di tipo igienico), senza peraltro sua colpa, tanto da concedere nella razza umana, che sa comunicare con la parola, accenni al maiale, al porco e alla sua sposa, la troia, significati poco elevati. I pastori dei porci sono sempre sati considerati a parte rispetto agli altri pastori, talora valutati di più, più spesso di meno. Chi non ricorda, nell’Odissea, Circe che trasforma i compagni di Ulisse in porci, o il porcaro Eumeo o in Dante la frase “che qui staranno come porci in brago” cioè nel fango, nella mota, nella melma.Protettore dei maiali è Sant’Antonio Abate, un santo eremita, quindi ben lungi dall’essere un crapulone; è il protettore degli animali domestici e la sua immagine viene spesso messa nelle stalle. Oltre ai maiali rivolge la sua attenzione anche a coloro che a loro si dedicano (salumai, norcini, produttori di spazzole, con l’uso di setole...). Nel medioevo gli Agostiniani lasciavano andare libero per i paesi un maiale che veniva nutrito ed ingrassato dalla popolazione, il maiale di sant’Antonio appunto. Il demonio spesso si cela nel maiale.

Nel medioevo è simbolo demoniaco, partecipa al sabba delle streghe ed esce dalla bocca degli indemoniati, dopo lo scongiuro dei santi. Un ritornello popolare dice: “Sant’Antonio fa il dottore, fa il dottore al suo animale, chi lo prega non fa male”. E’ un animale, purtroppo per lui, poco “raccomandato”, poco difeso, poco considerato  dalla specie umana per le sue attività “intellettuali”; la specie umana lo guarda come cibo vagante. E’ la prima carne da abbandonare nei giorni di magro e il mangiarne troppo è degno del crapulone (ricordiamo che per il Cristianesimo il peccato di gola è uno dei peccati capitali).  Il maiale è stato per secoli allevato allo stato brado, su terre ricche di querce e quindi di ghiande; peraltro è sì un animale che si disperde sul terreno ma è anche pronto a rispondere ai comandi. Nelle nostre terre già i Celti lo pascolavano, ma il famoso prosciutto di San Daniele deve la sua fama dall’epoca longobarda; i longobardi infatti portavano i prosciutti e la carne che salavano nello loro trasferte. Ricorderò la quantità di maiali e il consumo di carne di maiale, così diffuso nei Balcani, i contadini serbi allevavano maiali perché questi, durante il dominio turco, non erano mai soggetti alle scorrerie o alle ruberie dato che erano animali considerati “immondi” dai bravi musulmani. La carne di maiale nelle terre cristiane, nei tempi duri del medioevo era cibo soprattutto popolare, e i maiali erano piuttosto magri, quelli invece allevati all’ingrasso erano spesso cibo privilegiato per gli ecclesiastici o i feudatari di alto rango. Scherzosamente si può dare la dimostrazione che la carne di  maiale non solo è una delle delizie concesse all’uomo, ma porta anche al Paradiso. Tutte le cose buone fanno purtroppo male: o sono immorali – “non fare il porco”, o fanno male – “vedrai cosa di succede con tutto quel colesterolo” o fanno ingrassare e su questo non si discute neanche. Quindi l’alimentazione con la carne di maiale è cosa buona. Ma non ci fermiamo qui: è anche una cosa santa: un proverbio del saggio veneto, dice: “chi ben magna, ben dorme, chi ben dorme non fa peccato, chi non fa peccato va in Paradiso, quindi, chi ben magna va in paradiso”. Con logica impeccabile si dimostra che mangiare il maiale è cosa buona e santa.

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