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A Liliana Ulessi, giornalista “free lance”, programmista regista della sede RAI di Trieste, va il merito di aver promosso gran parte delle iniziative per far ricordare Victor de Sabata, un grande direttore d’orchestra e compositore, che ebbe i natali a Trieste. La conviviale del 5 maggio, è stata un’ulteriore occasione, in cui l’Autrice e sceneggiatrice dello sceneggiato radiofonico sulla vita e l’opera di de Sabata ha ricordato il grande musicista, nato a Trieste, in via Farneto 1, il 10 aprile 1892 e spentosi a Santa Margherita Ligure l’11 dicembre 1967. Victor de Sabata ha avuto, come direttore d'orchestra, una carriera talmente smagliante e sfolgorante, da mettere in secondo piano la sua vena di compositore. A ciò ha anche contribuito il fatto che, pur essendo un musicista più unico che raro, è vissuto mantenendo una linea di grande umiltà e riservatezza. L’esistenza di de Sabata è stata divisa tra la direzione di prestigiosi enti lirici internazionali e la composizione.
Dopo aver studiato al Conservatorio di Milano, dal 1918 al 1929, de Sabata fu direttore dell'Opera di Montecarlo e, successivamente, della Cincinnati Symphony Orchestra. Dal 1929 al 1957, occupò, poi, la carica di direttore ed, in seguito, di direttore artistico del Teatro alla Scala, di Milano.

Figlio di Amedeo, insegnante di musica e canto, di Cividale del Friuli, e di Rosita Tedeschi, sua allieva a Trieste, a Milano arrivò ad 8 anni, con tutta la famiglia. La riflessività friulana, ereditata dal padre, mescolata all’amore, tutto triestino, per il mare, ne aveva fatto un appassionato di navi, un aspirante ingegnere navale, con interesse profondo per la matematica.
Noto ai più soltanto come direttore d’orchestra, de Sabata va riscoperto anche come grande virtuoso, dal precoce talento, in grado di dirigere l’Orchestra del Conservatorio di Milano - dove studiò - a soli 12 anni, fino a diventare figura d’avanguardia del panorama europeo, dirigendo, per primo, “L’Enfant et les sortilèges” di Maurice Ravel.
Nel 1918, a 26 anni, de Sabata diviene il direttore d’orchestra dell’Opera di Montecarlo, dove il padre fu trasferito, in qualità di Direttore dei cori.
Di quell’anno, è la sua prima composizione importante: il poema sinfonico “Juventus”, cui seguirono il balletto “Le mille ed una notte” e “Gethsemani”.
Da un miscuglio di malinconia, legata anche alla malattia che, colpitolo da bambino lo lasciò claudicante tutta la vita, ed energia creativa, di genio e solidità discende, nel tempo, l’arte a due facce di Victor de Sabata: appassionante e precisissima.
Alcuni pezzi allegri, scanzonati, musica briosa, d’intrattenimento, da ballare erano stati scritti da Victor de Sabata fra i 15 e i 18 anni, per mettere in tasca qualche soldo, non essendo la sua famiglia di grandi capacità economiche.
Madre natura lo aveva dotato di una grande personalità e di un eccezionale carisma. Grazie a tali doti, fece breccia nel cuore di molte donne, anche se rimase sempre legato ad Eleonora Rossi, che sposò e risposò, dopo aver divorziato due volte, in Ungheria.  Riuscì, sempre, ad evitare di farsi invischiare nelle spire dell'arrivismo e nelle beghe per far carriera. Ebbe un ottimo rapporto di amicizia con Don Gnocchi, favorito dalla sensibilità della moglie crocerossina, che, ogni tanto, riusciva ad averlo a cena. Questo legame gli fu molto utile, quando cominciarono i problemi di salute. I versi scritti sul colonnato di Delfi: Conosci te stesso e il monito ad adoperarsi perché resti qualcosa di noi dopo la morte, che Don Gnocchi gli citava, lo portarono a donare, dopo la morte, le cornee.
Fu severo, soprattutto, con se stesso. Quando fu colpito da infarto, aveva sessant'anni, l'età della piena maturità, per un direttore. Si ritirò sulla Riviera di Levante, a Santa Margherita Ligure. Vi rimase quattordici anni e non salì mai più sul podio. Scrupoloso fino alla leggenda, temendo ricadute e noie a chi l'avesse convocato, rigettò ogni invito, per dedicarsi solo alla scoperta di nuovi talenti. Tornò, comunque, una sola volta a Milano, alla Scala, nel 1957, a dirigere La Marcia Funebre dell’Eroica di Beethoven, in occasione dei funerali di Arturo Toscanini. I due grandi maestri, pur avendo personalità diverse, avevano una profonda stima reciproca. Mentre di Toscanini rimangono molte registrazioni, di de Sabata non ne resta, praticamente, nessuna.
Alla riscoperta del compositore, contribuisce una recente incisione del giovane pianista mortarese Alessandro Marangoni; un’incisione importante anche sotto l’aspetto filologico. Il disco, pubblicato da Bottega Discantica, getta luce sull’attività pianistica di de Sabata, riportando alla luce dieci composizioni, mai eseguite, in pubblico, e mai registrate prima d’ora, rimaste sepolte, per anni, negli archivi storici di diverse biblioteche italiane.
Pur essendo divenuto, grazie all’arte, cittadino del mondo, rimase sempre legatissimo alla sua città natale, nella quale tornava spesso in forma privata. L’ultima sua apparizione, ufficiale, a Trieste, risale al primo novembre del 1952, quando, al teatro Verdi, diresse l’Orchestra filarmonica della Scala, su invito della Società dei concerti. Dal 2004, la sala del Ridotto del Verdi, alla presenza del Presidente della Repubblica Ciampi, è stata intitolata al suo nome. La famiglia de Sabata ha offerto preziosi ricordi di Victor al museo teatrale Schmidl, tra cui: il pianoforte appartenuto al maestro e al padre. Uno dei suoi violini è esposto nel foyer del Verdi, mentre, un altro è stato donato ad un giovane e promettente strumentista triestino: Davide Albanese.

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