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Come gestire al meglio una impresa o un parco scientifico è un tema che, trattato alle 22, dopo una giornata di lavoro e una cena proporzionata alla intensità del lavoro, stenderebbe chiunque. Ma se a trattarlo è l’Ing. Giancarlo Michellone, Presidente dell’Area di Ricerca “Science Park” di Trieste, non solo non si corre questo rischio, ma c’è, veramente da divertirsi. Provvisto di pennarelli, lavagna, verve effervescente, ironia e simpatia prorompenti, uniti a cultura ed esperienza di una lunga ed eccellente attività professionale, l’Ing. Michellone ha cominciato con illustrare l’algoritmo (PA>PR>AV>VnA) che governa la nascita, la crescita e la morte delle imprese, che seguono, in fondo, la parabola della vita di ciascun essere vivente. Dal potenziale assoluto (PA), che deriva dalle doti, che l’individuo riceve in dono dalla natura, e le imprese ricavano, dal patrimonio di: risorse umane tecnologiche e finanziarie, di cui dispongono, deriva il potenziale relativo (PR), vale a dire la performance che, in un definito momento, individuo ed impresa riescono a realizzare (il gol del campione di calcio, piuttosto che la produzione di un nuovo modello di auto). Ma, la vita di un campione di calcio si sviluppa in un arco di tempo, in cui anche la sua vitalità (AV) evolve, essendo massima nella fase che intercorre fra la fanciullezza e la maturità.

 Anche l’impresa risponde alle stesse regole, dato che sia la vita che la sua vitalità sono definite, in un arco di tempo ben preciso. Sia l’individuo che l’impresa, poi, soggiacciono ai vincoli ambientali (VnA), che, per il campione di calcio, sono: l’avversario di turno, per l’impresa: le pastoie burocratiche. In questo contesto, si muove il manager, direttore d’Azienda o di un Parco Scientifico, che, come un buon medico, deve assistere l’individuo, nello specifico: l’impresa, accrescendone la durata della vita e la vitalità. E se, in certe fasi, è necessario prescrivere dieta per prolungare la vita (uguale tagliare costi per aumentare l’efficienza) è a tutti chiaro che la cura, da sola, non basterà a superare le difficoltà, essendo, necessariamente, limitata nel tempo e nella intensità, pena la morte, per inedia, del paziente. Serve, allora, intervenire sugli altri fattori, in primis, sui vincoli. Questo, tuttavia, è molto difficile per un individuo e per una impresa, perché, per il calciatore, significherebbe eliminare o neutralizzare l’avversario e, per l’impresa, cancellare i vincoli burocratici, che derivano da sorgenti esterne all’impresa. Ecco, allora, spiegato, perché serve agire sul potenziale assoluto, vale a dire sulla formazione del personale, dal momento che la conoscenza, che deriva dalla ricerca, è il patrimonio più solido di cui una impresa possa dotarsi.    
Il trasferimento tecnologico alle imprese è il filone di attività, che, sempre più, connota Area, negli ultimi anni, con una strategia di intervento articolata in progetti differenziati e sinergici, volti a dare innovazione e competitività alle imprese regionali e nazionali, a creare nuova impresa e a formare personale e competenze, in grado di stabilire un legame permanente tra mondo della ricerca e realtà produttive.
In un tessuto regionale che, come quello italiano, è composto, in massima parte, da piccole e medie imprese, Area, negli ultimi anni, ha intrapreso un programma di sostegno all’introduzione di nuove tecnologie, tecniche e competenze organizzative. In questo periodo, sono stati realizzati oltre 1600 interventi di innovazione e di processo nelle imprese del Friuli Venezia Giulia, nel mentre si sono aperti nuovi poli nell’Italia meridionale (in Basilicata) e nell’Europa dell’Est, dove la disponibilità di fondi europei ha permesso di procedere a nuove assunzioni, sia localmente che nel Parco scientifico di Trieste.
Ma la ricerca, da sola non basta. Serve anche capacità di gestione strategica e operativa della ricerca stessa. La situazione è paradossale: da un lato la gestione è, di solito scarsa, dall’altro lato il personale di “staff”, che più degli altri dovrebbe occuparsene, è ridondante e frenato da mille pastoie burocratiche.
Lo scopo ultimo di qualsiasi tipo di ricerca è il miglioramento della qualità della vita. Questo lo si può conseguire in tempi brevi, medi, lunghi, lunghissimi o mai. In funzione del tempo, presunto, di impatto della ricerca sulla nostra vita quotidiana, si può, semplicemente, distinguere fra la ricerca per produrre conoscenza, o ricerca di base, e quella per produrre competitività, che comprende: la ricerca applicata, i vari tipi di sviluppo dei suoi risultati e le diverse forme di innovazione. Si dice che, in periodi complessi e di rapidi cambiamenti, non ha più senso distinguere fra i due tipi di ricerca: essi non sono più in sequenza. Infatti, la conoscenza genera innovazioni che, a loro volta, propongono nuove sfide, in molti settori industriali, e richiedono nozioni nuove, fra loro integrate, in tempi sempre più ristretti. Insomma, ricerca base ed applicata, sviluppo ed innovazione sono un groviglio inestricabile di cause ed effetti, intimamente connessi. Conoscenza e competitività sono profondamente interconnesse, ma è falso pensare che ciò avvenga, in modo automatico. Anzi, la vera sfida della competitività è connettersi con la conoscenza, prima e meglio dei concorrenti. Ed è tutt’altro che facile. Inoltre, per avere successo su un mercato, l’innovazione tecnologica non basta, ma va integrata con quella economica, organizzativa, di marketing e distributiva.
La gestione di questo complesso percorso, che parte dalla ricerca ed arriva alla produzione, è il compito dello staff dirigenziale dell’Area Science Park di Trieste.

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