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di piazzaL'esperienza ultradecennale di primo cittadino, prima di Muggia e poi di Trieste è stato il tema della conversazione di fine conviviale del 1 dicembre 2010. Ad animarla è stato Roberto Dipiazza, già Socio Fondatore del nostro Club ed attuale Sindaco di Trieste. Questo è il mio 14° anno da sindaco. Proprio il primo dicembre, infatti, ho celebrato questo importante anniversario. Come ricorderete iniziai a Muggia, nell’ormai lontano ’96. Antonione mi chiese: “perché non ti candidi?”. E io, che avevo il supermercato a San Rocco, e un po’ popolare lo ero già, risposi di sì anche se non sapevo neanche che esistevano la Giunta e il Consiglio. Anzi, qualcuno mi accusa ancora oggi di non saperlo. Comunque, diciamo che ero a digiuno di pubblica amministrazione e che quindi mi presentai da assoluto neofita contro un professionista della politica ed ex europarlamentare come Giorgio Rossetti. Inoltre Muggia era un feudo incontrastato dell’allora Pci e si può dire che in confronto Bologna era rosa, non rossa.

 

Con grande sorpresa però, in primo luogo da parte dei miei alleati, al secondo turno rimontai lo svantaggio e vinsi. La prima dichiarazione che feci alle telecamere, con un po’ di ingenuità, fu quello di ringraziare gli elettori di rifondazione comunista che appunto al secondo turno con il loro voti ribaltarono l’esito della contesa. Inutile dire, sorse un putiferio a sinistra e io inizia quella carriera che nel 2001 mi portò a diventare sindaco di Trieste dopo, e ci tengo a dirlo, quattro anni di grandi successi e di un grande abbraccio con la popolazione a Muggia. Pensate che ancora oggi, a distanza di dieci anni, ogni volta che torno da quelle parti sento ancora tanto affetto attorno alla mia persona. La candidatura a Trieste partì almeno un anno prima. Almeno per i miei avversari, come mi confidò più tardi l’allora sindaco Trieste Riccardo Illy. In poche parole la sinistra sapeva già che ero io il candidato, mentre i miei tergiversavano. Finché un giorno, ad un comizio del segretario di Alleanza nazionale, lo stesso Fini annunciò la mia candidatura ufficiale dal palco di piazza Sant’Antonio. Iniziò così la campagna elettorale contro un avversario di cui conservo sul piano personale una grande stima, Federico Pacorini. Fu una cavalcata vincente che mi portò direttamente a diventare sindaco di Trieste. Appena insediato mi dissero che ero stato fortunato, perché i più importanti problemi erano già stati risolti da chi mi aveva preceduto. In parte indubbiamente erano state fatte delle cose, ma non si poteva certo dire che la città non aveva più problemi: specialmente per quel che riguardava lo stato delle  scuole, cosa di cui in uno dei primo sopralluoghi ho provato persino vergogna. E così ci siamo subito messi a lavorare per cambiare Trieste e migliorarla, in primo luogo riqualificando non solo il centro con nuove pedonalizzazioni, ma anche le periferie, vedi Borgo San Sergio ad esempio. Ma anche a livello di infrastrutture i risultati sono stati a dir poco importanti: pensiamo alla Grande viabilità e ai benefici che ha portato in termini di collegamenti fra la città e gli assi autostradali. Ma anche le nuove Rive sono state il simbolo di una vera rinascita di Trieste che è così diventata, oltre che più vivibile, anche esteticamente più attraente: e di questo ne sono testimonianza i turisti, il cui numero aumenta di anno in anno. Guardando ad un rapido percorso virtuale penso a piazza Venezia, che prima era un’area degradata e adesso grazie anche alla ricollocazione della statua di Massimiliano ha riacquisito la dignità e la bellezza originarie. Ricordo piazza Verdi, oggi suggestivo spazio pedonale antistante il teatro lirico, un tempo sede di parcheggi e di un distributore di benzina. Per non parlare delle nuove rive, che hanno dato contemporaneamente sia una soluzione estetica che tecnica alla circolazione delle autovetture, rendendo più scorrevole il traffico cittadino. Chiudo con l’avvenuto recupero piazza della Borsa, con l’originaria fontana del Mazzoleni, e la pedonalizzazione di tutta via Cassa di Risparmio che ha creato un tracciato senza macchine che arriva fino a piazza Venezia. Un percorso peraltro che, con l’istallazione del ponte sul Canale di Ponterosso, si allungherà fino alla stazione centrale.  Tutto ciò ha portato ad un miglioramento complessivo in termini estetici della città e di questo, come detto, ne ha beneficiato il settore turistico. Infatti non sono casuali le cifre relative alle presenze in città registrate negli ultimi anni. Cifre che evidenziano un primato di Trieste che, assieme a Lignano, ha salvato il dato regionale. Ma questo intervento complessivo sul piano urbanistico non ha solo abbellito la città, ma la ha resa di fatto più vivibile, in termini di traffico e di percorribilità anche pedonale del centro storico. E in tema proprio di qualità della vita vale la pena mettere l’accento sulla classifica annuale del Sole 24 Ore che colloca Trieste da più di un quinquennio ai vertici nazionali. Certo, oltre al livello di assoluta eccellenza nell’offerta dei servizi, c’è anche il senso civico dei triestini che gioca il suo ruolo. Ma questo primato si rispecchia anche con l’attenzione costante e concreta che la nostra amministrazione ha per il sociale: ricordo che siamo la città d’Italia che investe di più in questo settore, senza sprechi e con un certo successo nei risultati. C’è un solo dato che penalizza Trieste in questa classifica: il tasso di imprenditorialità, che ci vede buoni fanalini di coda. In questo, indubbiamente gioca il suo ruolo il fatto che la nostra è stata nel dopoguerra una città assistita dallo Stato e che oggi buona parte della popolazione attiva è impiegata nel settore pubblico, nel terziario e nei servizi. E’ chiaro che in questo campo bisognerebbe fare un salto di qualità e produrre un cambiamento culturale, reso necessario peraltro dalla competizione globale. Ma proprio in tema di cambiamenti culturali credo di potermi dichiarare molto soddisfatto di quanto è stato fatto in città su un tema delicato ed importante come quello del superamento del ‘900, inteso come rimozione di quegli odi e di quelle diffidenze che hanno animato la società triestina nel corso del dopoguerra. In tal senso il concerto del maestro Muti in piazza Unità d’Italia e la presenza dei tre presidenti – italiano, croato e  sloveno – hanno sancito l’inizio di un’epoca nuova, in cui l’obiettivo comune è il futuro e non più le rivendicazioni su un passato, il cui giudizio va lasciato agli storici e non alla dialettica politica. E questa del dialogo e dell’amicizia con i popoli a noi confinanti è una delle chiavi per riconsegnare a Trieste il suo ruolo di capitale d’area, in un’ottica cosmopolita, perché questa è stata l’anima di Trieste, italiana ma anche internazionalmente aperta ai traffici, alle merci e alle idee di chi veniva da tutt’Europa a insediare attività e commerci.Ma alla fine, credetemi, l’unica cosa che conta, e che sento veramente come la più importante delle gratificazioni, è l’abbraccio della gente. Ci sono sindaci in Italia, in città anche grandi come la nostra, che debbono girare con la scorta, o che comunque hanno un rapporto con la popolazione mediato e non diretto. Bene, da noi per fortuna non è così: il vostro sindaco viene avvicinato ogni giorno dalla gente e sente l’affetto e la stima di tanti. Certo, da parte mia c’è stato l’impegno, quotidiano, sempre a stretto contatto con il territorio. In mezzo alla gente e nei cantieri a seguire i lavori con l’occhio del cittadino. Questo impegno dai triestini è stato compreso e apprezzato. Fra qualche mese, come sapete, lascerò il Comune, ma sono certo che il rapporto che mi legherà ai miei concittadini resterà a lungo vivo nel tempo.  

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