Per affrontare l'annoso problema il Prof. Maurizio De Vanna, Direttore della Clinica Psichiatrica e della locale Scuola di Specializzazione in Psichiatria, ha dovuto necessariamente iniziare la sua dotta e approfondita relazione ripercorrendo la storia del pensiero filosofico greco e latino: Socrate, Platone, Aristotele, Epicuro e Seneca sono stati gli studiosi che maggiormente si sono impegnati nello sforzo di descrivere i percorsi più consigliabili per conseguire la felicità o per cercare almeno di avvicinarsi a questo “stato della mente” che finisce inevitabilmente per influenzare anche il corpo e lo spirito dell'individuo senza correre il rischio di trascurare la sfera relazionale.
Se nei tempi antichi la felicità era una ricompensa per pochi eletti selezionati in base alla virtù, alla saggezza e alla conoscenza, nell'epoca moderna la felicità, o meglio la ricerca di essa, è divenuta un diritto universale inalienabile, come ad esempio è scritto nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti.
Anche se può apparire paradossale, la ricerca della felicità è divenuta nella attuale epoca post-moderna un dovere cui l'uomo non può sottrarsi per non sentirsi gravemente inadeguato a vivere in una società globalizzata e votata ad un consumismo senza limiti, che ha finito per travolgere ideali, passioni e valori cui tradizionalmente gli uomini si affidavano per contare su punti di riferimento dotati di stabilità e di certezza.
Nella nostra società cosiddetta “liquida” tutto sembra possibile e quindi anche la felicità appare alla portata di chiunque si adoperi incessantemente allo scopo di avvicinarsi ad essa. Solo che il trucco consiste nel fatto che appena si raggiunge dopo molte fatiche la meta agognata, questa risulta insufficiente a soddisfarci e gli obiettivi vengono spostati in avanti con grande insoddisfazione di chi aveva confuso i mezzi con i fini.
Ne consegue che oggi sentirsi infelici provoca un inaccettabile senso di colpa e la necessità di trovare una giustificazione alla propria condizione esistenziale. Si desidera il desiderio più che la realizzazione di esso, nell'ambito di un circolo vizioso intriso di frustrazione e di insoddisfazione.
Il rischio più grave è quello di tentare di compensare l'infelicità con il raggiungimento, a qualunque costo, del piacere psicofisico mediante l'uso di alcol o di sostanze d'abuso o comunque con comportamenti illeciti o ripetitivi e generatori di dipendenza e perdita delle più elementari libertà decisionali.
Il concetto di una felicità ancorata al benessere materiale è contraddetto dalla mancanza di correlazione tra PIL (prodotto interno lordo) e numero di persone felici in una data popolazione.
Aprirsi all'altro nell'amicizia, nella solidarietà e nell'amore è un ottimo antidoto alle minacce dell'indifferenza, del disprezzo e dell'umiliazione che derivano da una ricerca spasmodica di denaro, potere e possibilità di continuare a consumare senza limiti.
L'invidia non solo rende dipendenti, ma può anche condurre a decisioni sbgliate che inrizzanoa a strade opposte a quelle che conducono alla felicità.
Alle passioni tristi enunciate da Spinoza dobbiamo contrapporre le passioni gioiose, come quelle derivanti da legami fondati su affinità elettive e il vivere attivamente l'esperienza rotariana può essere un esempio alla nostra portata.
Uno dei grandi segreti per conseguire la felicità consiste nel riuscire a moderare i desideri e amare ciò che già si possiede.
E' il senso di precarietà delle “relazioni a tempo” la principale fonte di insicurezza del moderno “homo timens”, dominato dalla paura, dall'ansia e dalle somatizzazioni che possono sconfinare nella disperazione depressiva che culmina nei più svariati comportamenti autolesivi.
Solo pensando alla vita come un'opera d'arte, le nostre azioni potranno contribuire a cambiare un mondo che ci lascia ogni giorno più insoddisfatti, delusi ed infelici.