La fine di una così importante istituzione era inevitabile tenuto conto della situazione economica che si è andata creando negli anni, con un progressivo disavanzo ed indebitamento, nonostante la dismissione di edifici. Il declino della Fiera ha origini multiple, ma l’infelice collocazione urbanistica con carenza assoluta di parcheggio, conteso fra residenti ed espositori, con un accesso assolutamente inesistente, più che anonimo, sicuramente, risulta il principale. Le classi politiche, succedutesi dal 1950 (anno di inaugurazione della Fiera) hanno via via preso in considerazione diverse ipotesi di trasferimento della Fiera in altre aree urbane, senza, mai, però, dare seguito a tante discussioni. In contrasto, con quanto accadeva a Trieste, l’Amministrazione Regionale ha dato sostegno ed incentivazione allo sviluppo di Fiere ad Udine e Pordenone ed ha continuato a premiare l’intraprendenza di quegli organizzatori locali. Per contro, molti errori sono stati fatti dall’Ente Fiera di Trieste, a cominciare dallo spostamento della fiera campionaria sia in ordine di tempo (maggio) sia di luogo (Stazione Marittima). Non va, tuttavia, sottaciuto il limite più grave che condiziona lo sviluppo economico della città e dell’Ente Fiera, in particolare: l’assenza di una classe imprenditoriale veramente capace ed attiva, che non si è mai selezionata in una città in cui, per troppo tempo si è fatto ricorso all’assistenzialismo statale.
Pertanto, arrivati alla situazione economica attuale, anche a chi alla Fiera ha dedicato gran parte della sua vita professionale, non resta che accettare l’idea della vendita dei terreni e degli edifici di Montebello, a patto, però, che il ricavato venga reinvestito per attrezzare adeguatamente un’area polifunzionale di almeno 10.000mq. “La Fiera è morta. Viva la Fiera!”