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Contitolare di un negozio di abbigliamento, punto di riferimento per generazioni di triestini, imprenditore di lungo corso, con alle spalle un altrettanto consistente impegno sindacale, in seno all’Associazione di categoria provinciale, di cui è stato vicepresidente vicario, Franco Rigutti, attuale presidente della Confcommercio del Friuli Venezia Giulia è stato il relatore della conviviale del 16 novembre scorso. La sua presidenza coincide con un momento particolarmente difficile, dal punto di vista economico, per la società civile e per il terziario regionale, che racchiude esigenze molto diverse, territori e categorie molto differenti. Gestire questa situazione richiede la condivisione di obbiettivi comuni, su cui operare. Le differenze territoriali, che contraddistinguono il contesto economico e culturale della regione, sono un valore da preservare. A Trieste l’80% della produzione di ricchezza viene dal comparto del commercio (75% nel resto della regione), con un volume di affari pari a 5 miliardi e mezzo di Euro. I 2/3 della popolazione attiva sono occupati in questa attività. Il 75% delle imprese sono famiglie. Purtroppo, stiamo vivendo, già da tempo una fase di stallo nell’economia, aggravata anche dai recenti incrementi dell’IVA, che hanno contratto ancora di più gli acquisti, da parte delle famiglie.                                     Continua

Tutto questo, rende ragione delle grandi difficoltà a mantenere i posti di lavoro. Se, si considerano poi, gli effetti delle speculazioni immobiliari, che hanno portato alla costruzione dei grandi “megastore”, si aggiunge un ulteriore fattore di aggravamento del problema. Per ogni neo assunto, nel settore del commercio, nei megamarket, ci sono tre posti di lavoro persi. Non va dimenticato, poi, che i neo assunti lo sono sulla base di contratti a breve o brevissima scadenza. Nel 2010, c’è stato un notevole depauperamento dei posti di lavoro, per chiusura di molte attività, in questo settore produttivo. Il fatto ancora più grave è che i giovani non riescono ad inserirsi, anche nel caso decidessero di avviare un’impresa, per l’impossibilità ad avere accesso al credito. Infatti, sono arrivati tagli improvvidi, per gli strumenti agevolativi gestiti dai Cat (Centri Assistenza Tecnica), dai Confidi e dalle Camere di Commercio, con un sostanziale danno alle imprese del terziario regionale che, invece, li hanno sempre molto utilizzati. L’emergenza credito continua a interessare molte imprese. Servirebbe una maggiore velocizzazione degli iter burocratici e un deciso decremento degli oneri, in riferimento a interessi e costi accessori.
La convivenza tra Centri Commerciali e piccole imprese è possibile, a patto che non si pensi più a nuovi grandi insediamenti, che, spesso, sono stati più investimenti immobiliari che operazioni commerciali. Bisogna guardare, ora, concretamente, e con un’attenzione costante, alle piccole imprese, attività che sono essenziali, non solo in termini economici e produttivi, ma che hanno, pure, una funzione essenziale sotto il profilo sociale e dell’appeal dei territori e sotto il profilo turistico. Proprio sull’accoglienza , sul miglioramento della ospitalità, sulle iniziative culturali, sul potere di attrazione, esercitato dalle varie comunità territoriali, si deve lavorare. Non dimentichiamo, poi, il nodo delle aperture festive. La normativa regionale ha creato confusione e conflittualità. Per questo bisogna quanto prima fare chiarezza tenendo conto delle diverse esigenze locali.
Ma affinché si possa sperare in un rilancio dell’economia, attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro, oltre che ad un accesso facilitato al credito, è necessario un alleggerimento della pressione fiscale su imprese e lavoratori. Finora, non s’è fatto nulla, perché sono prevalsi i vincoli del bilancio statale, sul quale pesano i nodi e le arretratezze del nostro Sistema Paese. Per rilanciare economia e consumi, l’unica strada da percorrere resta quella di una riduzione strutturale della pressione fiscale, sia sulle imprese che sui lavoratori, attraverso provvedimenti concreti e realistici. Bisogna interrompere il circolo vizioso che si è creato, operando interventi incisivi ad esempio sullo sconto benzina, in modo da evitare la fuga, verso la vicina Slovenia, di numerosi potenziali clienti, che approfittano della necessità di fare il pieno di carburante anche per procedere all’acquisto di altri beni.

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