Il linguaggio è una forma della ragione umana, con una sua logica interna della quale gli uomini non conoscono nulla.
Claude Lévi-Strauss
Con questa citazione il Dr. Marco Carrozzi Direttore della Struttura Complessa di Neuropsichiatria Infantile e Neurologia Pediatrica del Burlo Garofolo di Trieste, ha iniziato la sua relazione. Il bambino nasce con un patrimonio genetico e con una predisposizione innata per il linguaggio, anche se imparare a capire e a parlare una lingua è un’impresa molto complessa.
Il linguaggio si connota per la sua capacità di utilizzare i suoni (i fonemi che sono quei suoni distinti dagli altri suoni di una lingua che rendono possibile l’identificazioni di sillabe e parole) e di attribuire un significato alle parole (semantica). Nell’ambito della semantica, consideriamo ancora : il lessico cioè il vocabolario che ciascuno di noi si è formato e che continua a formarsi nel tempo, la morfologia (es. la corretta forma del tempo dei verbi) ed infine la sintassi (le regole che governano la formazione delle frasi); la grammatica governa poi le corrette articolazioni fra morfologia e sintassi. La pragmatica, l’uso cioè della lingua nella dimensione sociale ed interpersonale, con le sue coordinate articolate in funzioni comunicative, conversazione e discorso, è un’altra fondamentale categoria, sovraordinata alle altre in termini di complessità e di funzionalità. Continua
L’apprendimento del linguaggio e delle sue complessità, pur con un certo grado di fisiologica variabilità individuale, passa quindi dalle prime precoci e cruciali fasi in cui il bambino inizia ad acquisire e a maturare le sue competenze fonologiche (le prime parole possono comparire fra i 13 ed i 18 mesi) alla fase di espansione del vocabolario verso i 20 mesi (a 20 mesi i bambini conoscono fra 20 e 600 parole e possono comprenderne da 30 a 200 !). Verso i 4 anni, l’inventario fonetico è pressochè completo e si affina la capacità di combinare parole, verbi, articoli, predicati ecc. in forme adeguate dal punto di vista morfo-sintattico. Verso i 6-7 anni incrementano ulteriormente le conoscenze delle regole grammaticali e, con il procedere del miglioramento della comprensibilità della comunicazione, si raffinano le competenze nel campo della della pragmatica della comunizione come le capacità narrative, le capacità conversazionali e gli atti comunicativi complessi, che permettono di interagire con il conteso sociale in maniera sempre più efficace.
L’apprendimento del linguaggio si realizza in modo naturale e in tempi relativamente rapidi in tutte le lingue e presuppone la maturazione sia delle cellule cerebrali (neuroni) sia delle loro connessioni (sinapsi) sia dei processi cognitivi. Anche se lo svilppo del linguaggio avviene in maniera naturale, l’esposizione ad un ambiente linguistico e sociale è però fondamentale per la sua acquisizione e successiva evoluzione.
Diverse sono le teorie elaborate nel tempo, che hanno cercato di spiegare come una funzione così tipicamente umana possa svilupparsi ed acquisire le sue complessità. Brevemente, le teorie “innastiche” ipotizzano che l’apprendimento è predeterminato solo dagli aspetti genetici e da quelli biologici. Per gli “ambientalisti” (p.es. Skinner) il bambino è una sorta di contenitore vuoto che viene riempito grazie alle sue interazioni con l’ambiente mentre secondo le teorie cosiddette “cognitiviste” sostenute p.es da Piaget, il bambino è attivo nell’interazione e quindi nella costruzione dei significati. L’impostazione costruttivista considera invece il linguaggio come parte di una più ampia funzione comunicativa che precede il linguaggio stesso. Secondo questa impostazione gli aspetti pragmatici e comunicativi del linguaggio sarebbero centrali nell’apprendimento della lingua.
Tutte le teorie di cui sopra cercano di spiegare dal punto di vista funzionale l’ontogenesi delle capacità del sistema nervoso di organizzarsi per rispondere alle sfide evolutive presenti nelle diverse fasi della vita. Dal punto di vista morfologico, il cervello è formato da due emisferi apparentemente simmetrici ma funzionalmente diversi; in generale l’emisfero sinistro è quello più analitico mentre quello destro è più sintetico. All’interno di questa divisione generale possiamo ancora distinguere zone specifiche (definite lobi: lobo frontale, temporale, parietale, occipitale ecc.) in cui sono localizzate alcune abilità neuropsicologiche (i lobi frontali sono per esempio competenti per attività di “problem solving” ovvero di controllo dell’attenzione). Alcune competenze neuropsicologiche sono però lateralizzate. Il linguaggio (sia come produzione che come comprensione) è infatti localizzato in alcune regioni del lobo temporale di sinistra che sono anche più ampie delle controlaterali (es. planum temporale). Lo stesso lobo temporale di sinistra, ma anche quello frontale e quello parieto-occipitale sono coinvolti anche in un'altra importante abilità neuropsicologica che è la capacità di leggere.
La comprensione e la produzione del linguaggio scritto si sviluppano solo a partire dall’età scolare e richiedono processi di apprendimento esplicito. La lettura è un processo piuttosto complesso che implica l’attivazione di diverse abilità cognitive che permettono di convertire automaticamente il tratto grafico (lettere e parole cioè i grafemi) in suoni con un contenuto coerente (i fonemi).
Nel processo di lettura però, l’apprendimento del sistema di decodifica (trasformazione dei grafemi in fonemi) è differente da quello della comprensione del testo. Il primo può essere considerato un'abilità che si acquisisce attraverso l'automatizzazione di una procedura di conversione tra segni e suoni (apprendimento implicito; si parla di apprendimento implicito anche per alcuni aspetti del linguaggio come per esempio ripetere il sintagma “il cane”), mentre la comprensione del testo è il risultato di una complessa interazione tra processi non del tutto identificabili separabili e soprattutto non facilmente istruibili (apprendimento esplicito; si parla di apprendimento esplicito anche per alcuni aspetti del linguaggio come per esempio definire il tempo di un verbo).
Il processo di lettura a voce alta, può essere scomposto in più passaggi: il sistema di analisi visiva, individua le caratteristiche del testo scritto grazie alla conversione grafema-fonema. Successivamente il lessico dell’input visivo, riconosce rapidamente le parole familiari ed il sistema semantico attribuisce il significato alle parole; se invece le parole non sono familiari prima di attivare il sistema semantico, si attiva un altro sistema che segmenta ed analizza la parola. Infine il lessico dell’output linguistico, produce la forma parlata delle parole grazie al sistema fonetico che fornisce i suoni linguistici adeguati.
La manca automatizzazione di alcune funzioni può provoca una malfunzionamento settoriale di alcune specifiche funzioni neuropsicologiche, pur a fronte di una intelligenza normale. Quando il malfunzionamento coinvolge le abilità linguistiche, si parla di disturbi specifici del linguaggio (caratterizzati da difficoltà di vario grado nella comprensione, produzione e uso del linguaggio in una o più delle componenti descritte). Quando sono coinvolte le abilità di lettura (spesso coesistono o preesistono anche difficoltà linguistiche), si parla di dislessia che, insieme alla discalculia, disortografia e disgrafia è inquadrata nella più generale categoria dei disturbi specifici di apprendimento.