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Il prosciutto cotto triestino, noto localmente come “Cotto Caldo” e il modo per distribuirlo anche fuori dal territorio provinciale, conservandone inalterate le caratteristiche, sono stati l’argomento della conversazione tenuta dall’Amministratore Delegato della Salumi Masè SpA, www.cottomase.com  il Dr. Andrea Masè, durante la conviviale del 18 febbraio scorso. La famiglia Masè, originaria di Strembo, in Val Rendena, nel Trentino, arriva a Trieste nel 1870, quando la città è ancora sotto dominio asburgico, e da quattro generazioni è attiva nel commercio dei prodotti di salumeria.
Dal 1970, prima in un laboratorio artigianale ed, in seguito nell’attuale stabilimento sito in Zona Industriale, Masè produce un’ampia gamma di salumi cotti, tra i quali il prosciutto cotto con osso è protagonista indiscusso.

Questo prodotto è anche noto come il prosciutto di Praga, essendo il retaggio di una cultura gastronomica “mitteleuropea”. Infatti, il modo di prepararlo e di cuocerlo all’interno di una crosta di pane che diventa croccante e che lascia morbida la carne, sono stati fatti conoscere a Trieste dalle donne che, dall’Est Europa, venivano in Città o per servizio o al seguito di famiglie di imprenditori e commercianti. Dopo la riscoperta del prodotto a livello locale, con un consumo che nella provincia è in continuo aumento, si sta cercando di lanciare il consumo a livello nazionale.
La tecnologia di produzione, comunemente utilizzata, prevede che per ottenere il prosciutto cotto triestino, la carne debba essere morbida, vellutata, non fibrosa, con una bassa percentuale di grassi. Ma per avere il risultato atteso, in termini di sapore e succulenza, è necessaria una lavorazione particolare. Le cosce vengono salmistrate una ad una, mediante siringatura manuale, attraverso l’arteria femorale. Questo lungo processo consente la completa pulizia dei vasi sanguigni e l’ottimale distribuzione di sale e sapori. Dopo un lento massaggio ed un lungo riposo, la coscia è pronta per essere cotta. La cottura dura dodici ore, dopodiché il prosciutto deve essere immediatamente distribuito ai punti vendita cittadini, ove viene posto in vendita sul banco di servizio, in morse che ne consentono l’affettatura rigorosamente a mano. Questa filiera corta di trasformazione e consumo ha delle criticità proprie che si massimizzano quando si voglia ampliare l’area di consumo, portando questo prodotto al di fuori della piccola provincia di Trieste. Infatti, risulta praticamente impossibile ipotizzare un mantenimento del “legame caldo”, come prevede anche la legge sanitaria oltre che le esigenze del palato, per un tempo superiore alle 8 – 10 ore, sfruttando la sola capacità termica del blocco di carne. D’altra parte aumentare la temperatura di cottura, per prolungare il tempo di mantenimento della stessa durante la distribuzione, altererebbe le caratteristiche organolettiche del prodotto.  Per queste ragioni, si è pensato che l’unica soluzione possibile fosse la messa a punto di una morsa, in grado di riscaldare il prosciutto durante la fase “aperta” della distribuzione. Questa idea è stata fatta propria e sviluppata da un gruppo di ricercatori all’interno dell’Area di ricerca di Padriciano che, in collaborazione con la Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari di Parma, ha portato alla realizzazione di un prototipo di morsa termica capace di riscaldare elettricamente il prosciutto da tagliare. Questo prototipo, già brevettato, potrebbe consentire di ampliare la rete distributiva del prodotto, creando nuovi posti di lavoro. Esso, costituisce, pertanto, un ottimo esempio di integrazione fra mondo della ricerca ed impresa, in linea con lo spirito e gli obbiettivi dell’Area di Ricerca di Padriciano.     


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