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Il professor Euro Ponte, docente di Storia della Medicina presso il nostro Ateneo, durante la conviviale del 27 maggio 2009, ha intrattenuto i consoci e gli ospiti del Rotary Club di Muggia con una relazione, con l’aiuto di immagini, sull’abitudine al fumo di sigaretta, “vizio” così diffuso nella nostra società. Mediamente più di 35% delle persone adulte fumano tabacco, la gran parte sotto forma di sigarette, una minoranza, che si ritiene raffinata, usa la pipa o fuma il sigaro; vi sono fumatori pentiti e nuovi fumatori, soprattutto tra i giovani di ambedue i sessi. Nella nostra società vi è un andamento altalenante ma la percentuale di fumatori rimane sostanzialmente senza grandi variazioni così non è nei paesi in via di sviluppo dove le multinazionali trovano un vasto mercato in espansione. Non tutti sanno che la Cina è un grande produttore di sigarette. Il tabacco venne importato in Europa poco dopo la scoperta dell’America, e venne usato come tabacco da pipa, da fiuto, da masticare, o confezionato nei diversi tipi di sigari; rimase peraltro un consumo di minoranza, quasi esclusivo dei maschi. Comunque, anche nel 1500, 1600 e 1700 si usa e si commercializza; la pianta di tabacco comincia ad essere coltivata in modo intensivo e, nel 1811, con il pragmatismo che gli viene riconosciuto, Napoleone spinge il governo francese a renderlo prodotto di monopolio sul quale si possa lucrare attraverso le tasse; gli altri stati rapidamente seguono questo indirizzo. Il problema medico non è particolarmente sentito ed in effetti i danni derivanti di questa abitudine sono molto ridotti. Addirittura, nel secolo successivo alla scoperta dell’America, il tabacco viene reputato un farmaco (ed in un certo senso lo è). Bisogna attendere la prima metà del 1800 per veder comparire, si dice, le prime sigarette, durante l’assedio di Varna, in una delle tante guerre russo-turche. Vi è certezza  invece della loro comparsa durante la guerra di Crimea.

 
La leggenda vuole che un barile di tabacco si sfasciasse durante lo sbarco, e che qualche ufficiale presente approfittasse di foglietti sottili di carta per preparare la prima sigaretta. La cosa, per la sua praticità, piacque, e il fumo, anche di sigarette, divenne, soprattutto per i militari, gli aristocratici e per la borghesia britannica  un’abitudine negli incontri dopo cena, assieme al bicchiere di Porto. L’esplosione però dell’uso si ebbe durante la prima guerra mondiale nella qualche le sigarette, poco costose, vennero distribuite a piene mani nel momento in cui la guerra, da guerra di movimento, divenne di trincea, logorante negli attacchi, nei contrattacchi e nelle lunghe pause sotto i colpi dell’artiglieria. I soldati, anche quelli d’estrazione popolana impararono a fumare sigarette ed a abusarne. La cosa peggiorò dopo la smobilitazione quando milioni di fumatori tornarono alle loro case. Il business della vendita di sigarette aumentò a vantaggio degli stati e delle multinazionali. Appena dal 1970 (quindi una cinquantina di anni dopo questa amplificazione dell’uso)  si cominciò concretamente a vedere gli effetti negativi, un aumento delle malattie cardiovascolari e un aumento delle malattie respiratorie. Di fronte alle spese emergenti per curare queste patologie si è tentato, non da molti anni, di agire con campagne informative, che usualmente lasciano il tempo che trovano, e posizioni terroristiche o imposizioni legislative. Il dato negativo è che il fumo di sigaretta contiene sostanze lesive (ad esempio catrame ed ossido di carbonio) ma anche sostanze che creano dipendenza (nicotina). Conta in modo negativo l’assenza di un tabù sociale che colpisca chi abusa fortemente delle sigarette. Il rischio per la salute è correlato con il numero di sigarette fumate, con la lunghezza del mozzicone e, in minor grado, con il tipo di tabacco. In genere, ma non è una regola, l’abuso è più presente nella fasce sociali “deboli” e nelle persone a minore istruzione. Ognuno di noi ha il dovere di conoscere il rischio che ha di ammalare ed anche di danneggiare, con il fumo passivo, gli altri.

 

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