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L’Università è al centro dell’attenzione del Governo e della Società Civile, anche se il modo, con cui sta tenendo la ribalta, non è il più gradito né il più consono alla realtà. Infatti, in un periodo di grande crisi economica, in concomitanza con la contrazione delle risorse, l’Università è obbligata a far fronte a drastiche riduzioni del bilancio, nel mentre la stampa e le televisioni parlano degli scandali dei concorsi, di parentopoli e della fanulloneria dei Docenti. In questo scenario, descritto dal prof. Francesco Peroni, Magnifico Rettore dell’Università di Trieste, durante la conviviale del 17 giugno 2009 del Rotary Club Muggia, per inquadrare il contesto in cui i Rettori degli Atenei italiani si devono muovere, il Governo si accinge ad intervenire. Infatti, sta per essere varato un disegno di legge di riforma dell’Università, che ha tutte le premesse per essere portato avanti, fino alla approvazione finale del Parlamento, dove il Governo ha ampia maggioranza.

L’Università italiana è arrivata alla situazione attuale attraverso due momenti storici: la riforma Casati del 1859, all’epoca del Governo Cavour e la successiva riforma Gentile del 1923, completata dal Ministro Bottai, durante la sua permanenza al Ministero dell’Istruzione (1936 -1943). Entrambe le riforme sono state attuate in momenti di grave crisi del Parlamento: la prima in epoca di guerra, con i pieni poteri al Governo, la seconda con il Parlamento esautorato e non funzionante. I vari provvedimenti, presentati, successivamente, dai diversi Governi che si sono succeduti nel tempo, non sono mai riusciti ad incidere, in maniera veramente efficace, sul funzionamento dell’Università, in quanto sia al Governo che in Parlamento siedono molti Professori universitari che, a prescindere dall’appartenenza politica, sono accomunati da una forte propensione a fare lobby e a vedere, nel cambiamento, il pericolo di perdere potere. Questo stato di cose rende molto difficile l’amministrazione dell’Università. Infatti, l’attuale sistema di governo degli Atenei è stato concepito per gestire Università in cui i Docenti erano poche decine e gli iscritti poche centinaia, mentre, oggi, i Docenti e i Ricercatori sono 60.000. Questo significa che ci sono Facoltà con 400 Membri, più del Senato degli Stati Uniti. Se ogni Membro prendesse la parola per 1 minuto, ci vorrebbero ore per sentire tutti.
Altrettanto pletorica è l’Assemblea del Senato Accademico, in cui siedono i Presidi ed il Consiglio di Amministrazione. Pertanto, uno dei due punti cardine, in cui l’attuale governo si sta muovendo, è la riforma della cosiddetta “Governance” degli Atenei. L’idea è quella di incardinare i Docenti non più nelle Facoltà, che scompariranno, ma nei Dipartimenti, sede della ricerca e finanziatori dei budget necessari per l’ingresso e la progressione di carriera dei Docenti. I Dipartimenti dovranno essere limitati nel numero ed essere costituiti da non meno di 30 Docenti.
Precorrendo i tempi, l’Università di Trieste ha già cominciato l’opera di accorpamento di numerosi Dipartimenti e proseguirà, con l’obbiettivo di portarli a meno di 20, riducendoli ben oltre la meta degli oltre 50 originali.
L’altro obbiettivo, che la riforma si propone, è quello di razionalizzare l’offerta didattica. In seguito alle decisioni, assunte a Bologna dai Ministri Europei dell’Università e Ricerca, nel 1999, l’Italia ha proceduto alla ristrutturazione dei Corsi di Laurea, sulla base di due livelli di formazione: il cosiddetto 3 + 2. L’applicazione di questo modello ed il desiderio di molti Politici di portare la sede dell’istruzione universitaria nell’ambito della propria circoscrizione elettorale hanno causato il proliferare dei Corsi di Laurea, delle Sedi Universitarie e delle Università (oggi oltre 100).
Questa situazione non è più sostenibile, perché comporta un notevole spreco di risorse.
Anche in questo caso, l’Università di Trieste ha operato in linea con l’obbiettivo del contenimento delle spese, cercando di ottimizzare le risorse, attraverso una più stretta collaborazione con l’Università di Udine. Su questa base, sono stati già istituiti Corsi di Laurea interAteneo, che hanno incontrato l’apprezzamento degli studenti e dei Docenti.
Non resta, dunque, che attendere il varo del Disegno di Legge del Governo, per completare l’opera di riforma che l’Università di Trieste ha iniziato, contando, sperabilmente, su nuove risorse ed incentivi, indispensabili per raggiungere un altro vitale obbiettivo dell’Università di Trieste: l’inserimento di giovani nella ricerca e nella didattica.      

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