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 Il clima ed i suoi cambiamenti ed ancora l'impatto di questi sugli uomini, principali responsabili di tali modificazioni e sugli altri esseri viventi e di cosa il governo stia facendo per affrontarli. Ne ha parlato l’onorevole Roberto Menia Sottosegretario all’Ambiente dell’attuale governo, alla fine della conviviale del 16 settembre 2009 presso il Rotary Club di Muggia. Viviamo in un’epoca in cui la sensibilità ambientale è molto sviluppata, rispetto agli anni 70, quando a trattare del tema era una minoranza e, per di più, ideologicizzata. Il dibattito, infatti, era portato avanti dalla sinistra, in particolare da quella tedesca e, di fatto, sia per i contenuti che per le modalità, con cui veniva portato avanti, era sinonimo della politica del no. Su questa base e sull’onda di aspetti emozionali, in Italia si è tenuto il referendum sul nucleare che, come è ben noto, ha portato il nostro Paese a dipendere dall’energia di Paesi vicini, che hanno centrali nucleari a pochi kilometri dal nostro confine, creando un danno economico incalcolabile. Oggi, oltre al problema del nucleare, in sede locale abbiamo il problema di attualità che riguarda il rigassificatore. Il Governo attuale, di fronte a questa realtà, si pone l’obbiettivo primario di difendere l’ambiente, combattendo, nel contempo, il vero nemico, che è l’ambientalismo del no. Il Ministero dell’Ambiente si sta adoperando per promuovere scelte di sviluppo, dato che un Paese come il nostro, privo di risorse naturali, deve contare sul possesso delle conoscenze.  In questo senso, si sta impegnando per realizzare un progetto di sviluppo che conti su un mix energetico, costituito per il 50% da fonti fossili e per l’altro 50% dal nucleare e da fonti rinnovabili.

Attualmente, viviamo in un sistema che, per quanto riguarda il consumo energetico, può essere paragonato ad un secchio bucato. Infatti, ci sono più dispersioni di energia in atmosfera che immissioni di energia nel sistema produttivo. Pertanto, migliorare l’efficienza, riducendo i consumi, con la stessa resa, equivale a ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera, realizzando anche consistenti risparmi. Ecco perché la così detta “scelta verde” offre una notevole opportunità di sviluppo, specialmente ad un Paese come il nostro che dipende pesantemente dal petrolio. Queste sono le ragioni per cui il Governo è impegnato nel sostegno alla ricerca ed allo sviluppo delle più promettenti tecnologie pulite, nei settori dell’energia e nella ricerca degli strumenti finanziari, maggiormente efficaci, per aumentare l’utilizzo ed il trasferimento di tali tecnologie sui mercati.
Attualmente, il nostro Paese è in forte ritardo su molti di questi fronti, contrariamente ad altri Paesi che sono leader in questi settori: i danesi per la produzione di pale eoliche, i tedeschi per i pannelli  solari. L’impegno del Governo è quello di favorire la produzione di energia, da queste fonti, direttamente nel nostro Paese, e di puntare, poi, sul nucleare, che costituisce già il 50% della energia usata in Germania, l’80% di quella usata in Francia ed il 20% di quella usata nel Regno Unito. Il caso del Regno Unito è emblematico per descrivere le incongruenze che derivano dalla applicazione degli attuali accordi per la tutela dell’ambiente. Infatti, sulla base degli accordi di Kyoto, il Regno Unito che, attualmente, ricorre, in larga parte, all’energia fossile, può facilmente rispettare gli accordi, in quanto ha grandi margini per ridurre le emissioni in valore assoluto. L’Italia, che produce meno emissioni di CO2, ha, invece, forti difficoltà a ridurre di un uguale valore assoluto le emissioni inquinanti, in atmosfera.. Questa è la ragione per cui il Governo contesta i criteri adottati a Kyoto e sta tentando di ottenerne la revisione.
L’Italia ha a cuore la tutela ambientale, possiede una concezione che guarda nella stessa direzione dell'Enciclica di Papa Benedetto XVI ': Caritas in Veritate'.  La terra non è consegnata a noi dai nostri padri ma prestata in uso dai nostri figli.
Il mondo sta affrontando una profonda crisi economica e finanziaria, con il rallentamento delle economie avanzate, al quale si aggiunge, adesso, il rallentamento delle economie emergenti come la Cina, l’India ed il Brasile. Secondo l’Outlook mondiale dell’economia del Fondo Monetario Internazionale, la produttività globale diminuirà fino ad arrivare allo 0,5% nel 2009. A causa della crisi economica e finanziaria attuale, è probabile che i Governi si concentreranno nel non appesantire commerci e industria con maggior costi e ulteriori regolamentazioni, in un momento in cui l’economia è fragile e posti di lavoro sono a rischio. La crisi finanziaria ha, quindi, messo in discussione i presupposti base dell’evolversi di molte politiche ambientaliste.
Inoltre, la crescita demografica esponenziale, rende sempre più reale la desertificazione del pianeta. Il ricorso stesso ad energie alternative (vedi i biocombustibili) contribuisce a rendere indisponibili vaste aree per la produzione di cibo.
Pertanto, è importante stimolare la cooperazione internazionale sulla ricerca sui cambiamenti climatici, sia attraverso iniziative di rilevanza regionale, come il Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti Climatici, un’iniziativa del governo italiano che sta diventando un punto di riferimento per tutto il Mediterraneo, che attraverso programmi di cooperazione bilaterale tra l’Italia e gli altri paesi. La ricerca scientifica gioca un ruolo centrale in queste questioni e ci aspettiamo che la comunità scientifica si prenda, fino in fondo, la responsabilità speciale che ha di fornire informazioni accurate, oneste e attendibili sugli effetti, le cause e i meccanismi dei cambiamenti climatici.

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